GLI AVVENIMENTI
Copland è solo negli Stati Uniti?
I fatti di Miami ci indignano, ma guardiamo pure in casa nostra

Chissà perché i film sul lato oscuro della polizia, un must del cinema americano dai tempi Serpico, hanno sempre esercitato su chi scrive un certo fascino. Da Copland a Training Day per citare qualche esempio recente, abbiamo sempre trovato d'impatto questo genere nel quale il confine fra il crimine e chi lotta contro di esso si fa sempre più confuso. Ancor di più dopo che, durante un viaggio a Los Angeles con l'idea di vivere il sogno della capitale del cinema, ci siamo trovati a confrontarci con questa l’abilità, per fortuna non direttamente sulla nostra persona.
Era l'estate del 2013 e, per questione di scali, ci siamo trovati a trascorrere alcune ore nell'aeroporto di Salt Lake City, ai piedi delle Montagne Rocciose. Sugli schermi televisivi nelle sale d'aspetto veniva trasmesso senza sosta il processo a un poliziotto della città degli angeli, reo di aver ucciso un ragazzo nero che aveva l'unica “colpa” di passeggiare di notte sotto la pioggia con il cappuccio della felpa in testa. Il giorno dopo il nostro arrivo in California è stata emessa la sentenza che ha visto l'assoluzione del poliziotto: inevitabili le proteste da parte della comunità nera per l'ennesimo episodio di discriminazione trasformato in una dimostrazione di autoconservazione da parte delle istituzioni americane.
L'impatto con Hollywood Boulevard fu quindi del tutto diverso da quello sognato fin dai primi film visti da bambino: manifestazioni, polizia schierata in assetto anti-sommossa, perquisizioni per strada a sorpresa, anche nei confronti di turisti palesemente inoffensivi, elicotteri a illuminare le strade con riflettori a “occhio di bue” che conferivano una luce assai più lugubre rispetto a quelli che illuminano normalmente i palcoscenici dei teatri. Il tutto a 20 anni dai fatti seguiti alle violenze nei confronti di Rodney King che avevano incendiato Los Angeles. E nel decennio successivo le cose non sono andate molto meglio in una delle nazioni che si vantano di essere tempio della democrazia solo perché a Washington campeggia una enorme statua di Abramo Lincoln.
Possiamo immaginare cosa avrebbe affermato il 16° presidente degli Stati Uniti di fronte a episodi di questo genere e possiamo pensare al suo moto di sorpresa di fronte al fatto che tutto questo accade non solo nei confronti dei cittadini dei ghetti neri. Dei giorni scorsi infatti è il caso di un ragazzo italiano, Matteo Falcinelli, arrestato, incaprettato e torturato senza motivo dalla polizia di Miami. Un episodio gravissimo che, almeno dal punto di vista giudiziario, non certo da quello psicologico, si è risolto grazie all'intelligenza di un giudice che, visionati filmati e udite le testimonianze, ha scagionato immediatamente il ragazzo, liberato dopo due giorni, comunque terribili a giudicare da quanto emerso. Resta da vedere se una volta tanto i poliziotti autori di questa barbarie saranno puniti: non saremmo sorpresi dal classico buffetto, ma a non sorprenderci affatto è stata la reazione in Italia, la solita ipocrita e smemorata indignazione.
Il ministro degli Esteri Tajani ha tuonato contro una violenza definita inaccettabile, sollecitando il governo Usa a far qualcosa (non si sa bene cosa) e sottolineando che le autorità italiane hanno avuto un ruolo cruciale di vicinanza e supporto a Matteo e alla sua famiglia. Chissà che ne pensano a casa Cucchi e Salis...
© Riproduzione Riservata