TRAFFICO STRONCATO
Droga da Pescara a Varese. C’è anche l’amnesia
Operazione dei carabinieri: 12 arresti. Sequestri di cocaina, eroina, marijuana e lo stupefacente che fa perdere la memoria

Dodici persone sono state arrestate a Pescara con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata a produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti. A eseguire l’ordinanza di misura cautelare in carcere sono stati i militari del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando provinciale Carabinieri di Pescara, nell’ambito di indagini avviate nel gennaio 2024, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di L’Aquila. Coinvolta anche la provincia di Varese.
L’indagine traeva spunto da quella denominata “Kirivò“ per il reato di associazione di stampo mafioso connessa ai reati di stupefacenti ed estorsione, eseguita, negli anni scorsi, nei confronti di soggetti di etnia rom nel quartiere pescarese Rancitelli, nel complesso edilizio cosiddetto “Ferro di cavallo.”
Le operazioni di polizia giudiziaria hanno consentito di documentare come gli indagati, prevalentemente di origine albanese, avessero dato vita a una struttura con sede principale e decisionale in Abruzzo, a Montesilvano e Città Sant’Angelo, ma con diramazioni operative e logistiche nelle province di Varese appunto, Milano e Brescia, finalizzata ad acquisizione, produzione e cessione di droga, cocaina e marijuana, ma anche eroina e “amnesia”, droga quest’ultima che amplifica gli effetti psicotropi del thc e provoca pericolose perdite di memoria e di lucidità.
Durante le attività investigative sono stati sequestrati 421 kg di marijuana e 2 kg di cocaina.
La compagine criminale coltivava marijuana in un capannone di Piadena Drizzona, in provincia di Cremona, e reperiva cocaina da un canale di rifornimento in Lombardia, predisponendo viaggi dall’Abruzzo mediante noleggio di furgoni; parte del denaro provento di spaccio veniva trasferita in Albania. Le complesse indagini tecniche hanno fatto emergere una chiara conoscenza da parte degli indagati dei meccanismi investigativi; per questo usavano applicazioni di messaggistica crittografate e sim telefoniche intestate a soggetti estranei al sodalizio.
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