4 MAGGIO 1949
Il “Grande Torino”, una leggenda italiana
L’aereo si schianta contro i muraglioni di sostegno della Basilica di Superga e si disintegra

4 maggio 1949, ore 17:03. Il Fiat G-212CP delle Avio Linee Italiane, decollato da Lisbona alle 9 e 53, si avvicina all’aeroporto di Torino. Il tempo è pessimo. Tira un forte vento di Libeccio, piove, scarsissima la visibilità: ma il pilota Pierluigi Meroni, 34 anni, è un veterano, con le sue imprese sui bombardieri si è meritato cinque medaglie di guerra. Sul trimotore viaggia il “Grande Torino”. Sta tornando dopo una amichevole con il Benfica e ha praticamente vinto il campionato. A quattro partite dalla fine, ha quattro punti di vantaggio sull’Inter. Soprattutto, è già una leggenda.
La borghesia della città tifa Juventus almeno dal 1923, quando gli Agnelli l’hanno comprata. Il Toro è la squadra del proletariato: dopo anni bui, nel 1939 il nuovo presidente Ferruccio Novo, un industriale del cuoio, l’ha trasformata. Guidata dal direttore tecnico ungherese di origini ebraiche Ernie Egri Erbstein, ha vinto gli ultimi cinque scudetti e demolito ogni record: nel 1947-1948 ha segnato 125 reti in 40 partite e ne ha subite solo 33, non perde in casa da 88 partite. Il Toro non sconfigge gli avversari: li distrugge.
Usa il “Sistema”, detto anche WM, per la disposizione dei giocatori sul campo. Un metodo ultraoffensivo, universale, e si vede: 6 a 0 alla Lucchese, 7 a 1 al Napoli, 9 a 1 al Livorno e 10 a 0 all’Alessandria. Nell’aprile del 1946 a Roma dopo 19 minuti vince già 6 a 0. Naturalmente, quella squadra è anche la Nazionale: l’11 maggio del 1947 in campo contro l’Ungheria ci sono tutti tranne il portiere. Intorno, è fiorito il mito del “quarto d’ora granata”: talvolta la squadra gioca sotto le sue possibilità. Dagli spalti allora il tifoso Oreste Bolmida, un ex ferroviere, suona la carica con il suo corno. Dopo lo squillo parte il coro “Toro! Toro!”, il capitano Valentino Mazzola, un fuoriclasse assoluto, si rimbocca le maniche, la squadra carica e diventa incontenibile: nel 1947 Mazzola segna tre gol in tre minuti contro il Vicenza. Famoso per la spensieratezza e le burle è anche il “trio Nizza”: sono i tre scapoli Martelli, Rigamonti e Bacigalupo, che condividono un appartamento in via Nizza. Ma quei ragazzi sono uniti, hanno condiviso gli anni della guerra, e sono anche esempi per gli altri: otto di loro hanno fatto campagna per la Repubblica al referendum del 1946 contro la Monarchia.
Insomma i tifosi recitano la formazione come una filastrocca: Bacigalupo, Ballarin, Maroso, Grezar, Rigamonti, Castigliano, Menti, Loik, Gabetto, Mazzola, Ossola. In quegli anni non ci sono ancora le Coppe internazionali, e le squadre girano il mondo in tournée. La sera prima, il Toro ha giocato con il Benfica: un omaggio al capitano Francisco “Chico” Ferreira, amico di Mazzola, e un aiuto alla squadra lusitana in difficoltà economiche.
Il 4 maggio l’aereo è sopra la Basilica di Superga. Come raccontò il cappellano, “ho sentito un rombo paurosamente vicino, poi un colpo, un terremoto, poi il silenzio”. Forse l’altimetro è bloccato a 2000 metri, invece l’altezza reale è 600 metri: l’aereo si schianta contro i muraglioni di sostegno della Basilica e si disintegra. Muoiono tutti sul colpo: 18 giocatori, 6 dirigenti e allenatori, 4 membri dell’equipaggio e 3 giornalisti. La notizia si diffonde, il Paese si commuove e il 6 maggio, al funerale, partecipa forse un milione di persone. Un corteo infinito, c’è gente anche sui tetti. La tragedia segnò l’intera nazione. Chiaro, quei ragazzi erano un simbolo: insieme a Coppi e Bartali incarnavano la voglia di riscatto del Paese che si scrollava di dosso le macerie della guerra e del fascismo. Persone umili diventate campioni, ammirati nel mondo. Mazzola, per fare un solo esempio, aveva iniziato a lavorare a 11 anni, dopo il licenziamento del padre, operaio dell’Atm.
Il giorno dopo Indro Montanelli scrisse: «Gli eroi sono sempre immortali agli occhi di chi in essi crede. E così i ragazzi crederanno che il Torino non è morto: è soltanto in trasferta». Forse lo è ancora se, non per caso, nel 2015 la Fifa ha proclamato il 4 maggio “giornata mondiale del calcio”.
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