L’APPUNTAMENTO
Il professor Schettini e «la fisica che ci piace»
Domani al Varese Summer Festival l’insegnante social
Domani, mercoledì 17 luglio, il professore - questa la definizione che si sente più calzante tra curioso, fisico, musicista, influencer e autore di best seller - terrà lezione a Varese. Ovvero a poche decine di chilometri da dove ha avuto i natali: Como, 7 marzo 1977. Vincenzo Schettini, geni pugliesi ispirati al Bello (mamma Grazia insegnava Storia dell’Arte) e al calcolo (papà Domenico era impiegato all’Olivetti), sensibilità temprata al legno del violino (è diplomato al Conservatorio di Bari) è la Fisica che ci piace. Ovvero il volto rassicurante del canale Youtube - oggi declinato in più materie e situazioni con decine di migliaia di contatti e finito pure su Rai 2 con la Fisica dell’Amore - che da nove anni aiuta studenti d’ogni titolo e grado a prendere confidenza con materie ostiche non solo per loro natura ma perché vengono spesso rappresentate da insegnanti incapaci di staccarsi dalla dea formula e di ricordarsi di quand’erano studenti.
Che può esserci infatti di più bello d’imparare somme di vettori, metodo parallelogramma o le basi della fisica delle particelle quando a spiegare la teoria c’è un passaggio pratico che stimola la curiosità?
«Non saprei davvero, tant’è che ho scritto anche un paio di libri sull’argomento» sorride Schettini, raggiunto nella sua Monopoli reduce da un tuffo rinfrescante nell’estate bizzarra che ha spaccato l’Italia in due.
A proposito di divisioni: quanti colleghi la detestano?
«Spero meno di quelli che mi sopportano e supportano invitandomi nelle loro classi e non certo perché sia un profeta. Ma solo per dare ai loro studenti un’altra prospettiva sull’importanza dello studio. Del resto anch’io continuo a imparare da tanto colleghi con cui mi confronto. Credo sia un questione di disagio, di pessima relazione con la tolleranza e di scarsità di rispetto, non tanto nei miei confronti ma verso chi segue i miei post: spesso ci sono anche i loro studenti...».
Ha omesso di citare il Premio Morante 2023 e il Premio Speciale Hemingway Lignano-Per il futuro che le è appena stato conferito «per la sua straordinaria capacità di comunicare la scienza ai più giovani - recita la motivazione del riconoscimento - usando in modo unico i social network, tanto da diventare il professore più amato dal web».
«Vabbé, mettiamola così: restiamo umili. I premi fanno piacere ma non sono tutto nè tanto meno spiegano tutto»
Parliamo di Scienza. Arthur Bloch, il teorizzatore delle Leggi di Murphy, scriveva che «se è verde o si muove è biologia, se puzza è chimica, se non funziona è fisica, se non si capisce è matematica e se non ha senso o è economia o è psicologia».
«Rispondo per la fisica: bellissima definizione. I fisici si dedicano a ciò che non funziona, ovvero che è ancora chiaro e non è un caso che la materia oscura sia oggetto di studio della fisica moderna. Perché stando alle leggi classiche, l’intero Universo non funzionerebbe».
Quanto bisogno c’è di Scienza in Italia?
«C’è sempre stato bisogno e la regola della curiosità umana non fa eccezione in questo senso. Trovo che ci sia però bisogno di consapevolezza e questa la si acquisisce sin da bambini, attraverso il gioco magari per i concetti più abbordabili, quali temperatura e velocità. Per quanto riguarda le infrastrutture, invece, cioè scuola e ricerca, siamo messi male ma non è colpa dei docenti sottopagati e costretti a mansioni burocratiche, né dei ricercatori che poi se ne vanno all’estero».
Quali sono le doti migliori d’un prof, competenze a parte?
«Il fascino della divulgazione. Ho avuto professori severissimi ma capaci di coinvolgere nell’esposizione delle nozioni, tanto che quando parlavano non volava una mosca. Dunque sono d’accordo con Paolo Crepet quando sostiene che la bocciatura serve perché aiuta a crescere e a formarsi in un mondo che è sempre più competitivo e soprattutto non dev’essere mai vissuta come una tragedia. Nessuna sconfitta lo è, quand’è meritata e da qualsiasi sconfitta si può imparare a ricavare risorse per una vittoria futura».
Il filosofo Umberto Galimberti auspica test psicoattitudinali per l’insegnamento. Che ne pensa?
«Non sono d’accordo. È vero che non tutti gli insegnanti arrivano a una cattedra perché l’insegnamento è nelle loro corde ma tanti poi diventano comunque bravi docenti. Non credo esista un metodo preciso nell’insegnamento: il mio modo di divulgare non è certo il migliore ma funziona in un’epoca ben diversa da quella in cui sono cresciuto e nella quale le distrazioni in classe e fuori erano ridotte al minimo».
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