IN TRIBUNALE
«L’allenatore mi tocca». E il coach va a processo
Istruttore di ciclocross accusato di violenza sessuale
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«L’allenatore mi tocca». La confidenza fatta dalla giovanissima atleta a mamma e papà ha messo nei guai il suo coach, un uomo di 54 anni che all’epoca dei fatti - siamo nel 2021 - si occupava di preparare giovani e giovanissimi ciclocrossisti per conto di una società sportiva del Varesotto. L’istruttore è infatti ora sotto processo con una pesante accusa: violenza sessuale, per aver palpato la bambina nelle parti intime, più volte, durante gli allenamenti.
Un’accusa che lui respinge e che dovrà essere dimostrata in Tribunale, nel corso di un dibattimento (apertosi formalmente con la sola ammissione delle fonti di prova) che si annuncia molto delicato alla luce sia dei temi trattati, sia dell’età della persona offesa, che non ha ancora compiuto 14 anni. Per questo motivo nella prima udienza, in calendario a maggio del 2025, la ragazzina testimonierà a porte chiuse e protetta da un paravento. I giudici del collegio ascolteranno anche il racconto di altre minorenni, sue compagne di squadra nel periodo incriminato.
I genitori della giovane - parte civile con l’avvocato Luca Calabrò - porteranno invece in aula due consulenti, esperti in neuropsichiatria infantile e psicologia.
LA VICENDA
Tutto nasce dai sospetti dei genitori di una bambina di una decina d’anni, che alla fine del 2021 iniziano a preoccuparsi per alcuni comportamenti della figlia, che appare turbata. Le chiedono i motivi di quei cambiamenti apparentemente inspiegabili e lei alla fine rivela che l’allenatore le tocca il sedere. Non solo: in altre occasioni le avrebbe accarezzato una gamba e persino messo le mani nei pantaloncini. Molestie che sarebbero avvenute nell’arco di tre mesi, sempre sulla pista di allenamento. La querela fa scattare le indagini dei carabinieri che perquisiscono la casa dell’indagato, sequestrando smartphone e computer.
La ragazzina viene sentita in audizione protetta, ma non in sede di incidente probatorio (da qui la necessità di convocarla a Palazzo di giustizia per l’istruttoria). Si arriva così all’esercizio dell’azione penale da parte del pm, all’udienza preliminare davanti al gup e al successivo rinvio a giudizio dell’allenatore. Il quale (difeso dall’avvocato Mariano Chiaravalli) è deciso a dimostrare la propria innocenza. Nega, infatti, di aver palpeggiato la ragazza, ma di essersi limitato ad assisterla durante la preparazione delle gare, appoggiando quindi le mani - soprattutto per le “ripartenze” in salita - sulla schiena dell’atleta o sulla sella della bicicletta. Ma senza spingersi oltre il lecito. Dove sta la verità? Lo stabilirà il processo.
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