MUSICA
Lana Del Rey la poetessa di New York
La ragazza di Manhattan è una delle icone dei nostri tempi. Il concerto a Milano il 4 giugno
Il secondo appuntamento marchiato I-Days Coca Cola è un altro degli eventi simbolo della stagione concertistica outdoor non solo milanese, ma si potrebbe dire senza remore addirittura italiana. L’arrivo di una superstar assoluta come Lana Del Rey, previsto per martedì 4 giugno con apertura porte alle 17 all’Ippodromo Snai La Maura di Milano, è del resto sintomatico della portata internazionale del ciclo di esibizioni che ha sempre arricchito con nomi altisonanti gli ultimi preludi d’estate lombarda.
La poetessa e cantautrice newyorchese, d’altra parte, è un personaggio tradizionalmente votato a una resa performativa il più suggestiva possibile. Il suo pop dalla raffinatezza meditabonda si unisce a una classe debitrice della sua esperienza da modella, ma che pare innanzitutto innata a un’artista che unisce eleganza e sensibilità, ricercatezza e eterogeneità di interessi. Del Rey, per molti, rappresenta il crocevia di un insieme di esperienze, un connubio di musica, arte e moda che ha reso la ragazza di Manhattan una delle icone di questi tempi moderni.
Lo spettacolo promette di sprigionare una potenza quasi cinematografica in una sorta di immaginario retrò che porta l’esclusivo a una più ampia e variegata fetta di pubblico. L’intimità di alcuni brani si frammista così all’energia di altri, mantenendo il suo fulcro imprescindibile attorno alla sacerdotessa incaricata di un personale rito sospeso tra il dream pop e il barocco. A risuonare saranno certamente i più grandi successi di una carriera ultradecennale, che ha saputo riunire sotto un’unica egida il revival sadcore alla tendenza indie, passando anche per parallelismi letterari e una naturale per quanto dimessa propensione al glamour.
Ci sarà così spazio per famose canzoni da classifica come Born to Die, Ultraviolence, Summertime Sadness e Videogames, ma anche le novità tratte dal suo più recente album Did You Know That There’s a Tunnel Under Ocean Blvd, pubblicato nel marzo dell’anno scorso. Dal disco sono stati estratti non soltanto la title track, ma altri tre singoli di indiscutibile intensità. Vale a dire A&W, The Grants e Candy Necklace, impreziosito dal featuring dell’acclamato cantautore R&B Jon Batiste. Non l’unico ospite di questo album dal titolo lunghissimo, quasi a lasciare intendere un’urgenza al racconto non ingabbiabile in sintesi o allegorie. A fianco di Del Rey compaiono infatti anche SYML nell’omaggio a Wim Wenders Paris, Texas, Father John Misty nella mistico-religiosa Let the Light In e il progetto indie pop Bleachers di Jack Antonoff, affiatato collaboratore della cantante e onnipresente co-firma del disco, in Margaret.
Popstar che ha sempre avuto il suo fascino nella sua immagine schiva, discreta e anche un po’ tenebrosa, Lana Del Rey è da una dozzina di anni, cioè fin dall’esordio discografico di Born to Die, una performer capace di dettare stili e attitudini. Bella e triste, secondo alcuni, o forse semplicemente un’amante dell’arte che ha deciso di non nascondere il proprio animo inquieto, ma anzi di comunicarlo senza maschere o manierismi. Anche quando si cimenta nei ruoli di scrittrice, attrice, regista.
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