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Nei rapporti più cerotti e meno coltelli
La riflessione dopo la tragedia avvenuta a Varese

La tragedia di lunedì a Varese - quarantenne che uccide il suocero e ferisce l'ex moglie - è stata uno scossone emotivo per la coscienza collettiva. Tutti ne stanno parlando. Non la ripercorriamo anche perché la cronaca di Prealpina la documenta, nell'evolversi delle indagini, in modo puntuale, equilibrato e rispettoso. Soffermiamoci sull'aspetto generale che va oltre i protagonisti del caso.
Che cosa succede alla nostra società? Come mai pulsioni come rabbia, rancore, violenza smisurata, che si pensavano frutto di culture poco mature, tornano e spesso a popolare il vivere contemporaneo del nostro Paese anche in contesti non disagiati? Come mai le famiglie, i giovani, così attenti ai diritti umani, alla solidarietà, alla difesa dell'uguaglianza, si trovano poi a manifestare piccole e grandi esasperazioni nei rapporti con le persone più prossime?
Un'amica che di professione valuta gli squilibri della mente, i tormenti, mi ha detto che oggi - paradossalmente - siamo accondiscendenti verso i semplici conoscenti o le nuove conoscenze, e che la tensione e le incomprensioni le riserviamo a fratelli genitori e soprattutto ai partner. Passiamo sopra a mancanze di rispetto e poi esplodiamo per un toast un po' bruciato. Pensateci. Forse la bellezza dell'altro o dell'altra (che c'è quasi sempre) dovremmo vederla innanzitutto in chi ci sta accanto. Perché questo facevano i nostri nonni. Che non andavano in piazza a manifestare per i diritti universali. E allora: nei rapporti stretti, più cerotti e alcol disinfettante, meno muri e coltelli.
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