IN MANETTE
«Oggi devo uccidere»: arrestato dalla polizia
Minaccia la famiglia e aggredisce gli agenti in centro a Busto Arsizio. Diceva ai parenti che qualcuno gli chiedesse di commettere un omicidio

«Oggi deve morire qualcuno»: lo ha ripetuto più volte nel corso della vigilia di Ferragosto. Alla fine della giornata il suo vaticinio stava per avverarsi: ha cercato infatti di scaraventare un poliziotto giù dalla tromba della scala ed è stato quindi arrestato per resistenza a pubblico ufficiale. Ieri mattina, sabato 16 agosto, il processo con rito direttissimo, davanti al giudice Daniela Frattini, si è concluso con l’applicazione del carcere, così come chiesto dal pubblico ministero d’udienza Fabio Portera.
VOCI SINISTRE
L’indagato ha ventiquattro anni: marocchino, in Italia dal 2023, a maggio si era trasferito dalla sorella in via San Michele. Affettuoso con i tre nipotini, collaborativo con il cognato, rispettoso della famiglia fino a luglio, da una decina di giorni era irriconoscibile. Sarà colpa del caldo africano o di qualcosa che i parenti non sono riusciti a capire, sta di fatto che il ragazzo ormai delirava. «Mi seguono, ci sono persone che mi stanno dietro e che mi dicono che devo commettere un omicidio se voglio stare con loro»: all’inizio di agosto raccontò questa storia al marito della sorella, il quale lì per lì non ci fece caso. «Sta scherzando», si disse l’uomo. Il marocchino però iniziò a non rincasare la sera, trascorreva la notte chissà dove e chissà con chi e riappariva durante la giornata sempre con lo stesso ritornello: «Mi dicono che devo ammazzare qualcuno per essere uno di loro».
Chiedergli spiegazioni era inutile perché il giovane non ne dava ed era come alienato. Una sera a tavola, all’improvviso si portò un coltello alla gola, sotto gli occhi dei tre bambini che si spaventarono moltissimo. L’indomani il ventiquattrenne disse che bisognava tagliare la mano al più piccolo, di soli due anni: preoccupato seriamente, il cognato andò in caserma dai carabinieri per chiedere aiuto, ma gli venne risposto che non potessero fare nulla e di tornare in giornata con lui.
MANI LEGATE
Il 14 agosto il caldo era soffocante; dopo l’ennesima nottata passata in giro il ragazzo si è presentato a casa annunciando alla sorella che stesse per succedere qualcosa di brutto. «Oggi muore qualcuno», ripeteva confusamente. La donna non gli ha aperto, nel frattempo è arrivato il marito che ha richiamato l’attenzione di una pattuglia di agenti municipali a cui ha spiegato l’emergenza senza alcun esito.
L’uomo ha allora chiamato il 112 e dopo qualche minuto è giunta un’ambulanza: i soccorritori avrebbero fatto firmare un verbale al ragazzo dicendogli «se fai il bravo puoi andare», cosa che il ventiquattrenne ha fatto. Ma intorno all’ora di cena è tornato, più agitato e scompensato che mai: pugni e calci alla porta per sfondarla, urla incomprensibili, la reiterata intenzione di uccidere, «oggi è il giorno in cui dovrà morire qualcuno».
A quel punto la famiglia ha chiamato la polizia di Stato che, d’intesa con il pm Ciro Caramore, ha proceduto con l’arresto. Difeso dall’avvocato Niccolò Luoni, a processo ha preferito non parlare.
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