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Supercar su misura come un abito sartoriale
Le parole del Ceo della Picasso Automotive Manifacturer: tecnica, design e praticità per una vettura perfetta
«Ci vuole una visione, la capacità di unire tecnica, design e praticità. Tre caratteristiche che vanno fuse bene insieme». Secondo Stefano Picasso, fondatore della Picasso Automotive Manifacturer, è questa la ricetta per la realizzazione della supercar perfetta. Dalla sua casa base di San Vittore nel Canton Grigioni, il Ceo ligure progetta e mette a punto auto da corsa e da strada adrenaliniche, trasformando in realtà e lavoro una passione che da sempre lo emoziona.
La fabbrica è stata inaugurata nel 2020, dopo l’incontro di Picasso con Robert Wild, collezionista e uomo d’affari diventato suo irrinunciabile investor. Se però i battenti sono stati aperti da un tempo relativamente breve, le soddisfazioni e i plausi sono già arrivati da addetti e clientela, nonché dalle proprie fatiche. Da ultima, la sfarzosa Picasso 660 LMS ispirata ai design delle automobili di Le Mans e presentata lo scorso settembre.
«Il progetto è partito da un foglio bianco - racconta Picasso - e dal sogno di costruire un’auto per correre i campionati Gran Turismo, che sono la mia passione. Abbiamo cominciato a ingegnerizzare e disegnare la macchina da zero, dai sedili ai telai. Abbiamo un nostro power unit che è derivato da un motore da corsa, però completamente nuovo. Il nostro obiettivo era quello di costruire tutte le componentistiche in casa per gestire al meglio le performance, sia per il peso sia per i materiali sia per la parte endotermica, che è stata scelta proprio perché crediamo molto nei carburanti sintetici e quindi nel futuro sia del motorsport sia delle supercar e hypercar. Siamo anti-elettrici, insomma».
In verità la 660 MLS, concepita nell’ambito di una preziosa collaborazione con Autotecnica Motori, è solo il primo passo di una pianificazione ben ramificata: «Ci sarà un progetto motorsport che inizierà l’anno prossimo per portare la macchina in GT2 World Series e un altro step saranno delle macchine che non andranno a fare delle vere e proprie gare, ma degli eventi speciali dove possono essere guidate macchine esclusivamente per la pista, un po’ come fanno Pagani e altri brand simili. A gennaio parteciperò anche alla Dakar: sto costruendo un mio percorso personale nel motorsport proprio perché l’idea è che vorrei correre anch’io, un po’ come facevano negli anni d’oro McLaren o Ferrari. Gareggerò chiaramente con un’altra macchina, ma in seguito faremo partire un nuovo progetto Dakar. È tutto collegato».
Eppure, come si sviluppa una supercar? «Si parte dall’obiettivo che deve compiere questo tipo di prodotti. Infatti, secondo me, abbiamo creato una nicchia particolare, proprio perché non si tratta di una hypercar. Strutturalmente e tecnicamente ha le qualità di una hypercar, ma è una GT, fatta quindi per un uso diverso. L’idea concettuale di utilizzo si fonde poi con la parte tecnica dei materiali e infine con quella stilistica».
Certe volte, al cliente è persino permesso di essere coinvolto nelle diverse fasi di ideazione della propria auto: «Gestendo tutti i processi produttivi, soprattutto del composito, facciamo gli stampi e i modelli che a livello tecnico offrono sicuramente una macchina resistente al cliente. Però perché no, si può anche fare o modificare qualche componente o anche pensare a una macchina ad hoc. Come si fa con un vestito sartoriale, possiamo fare anche delle one-off come Ferrari o Lamborghini. Essendo una nostra platform, perché tutta la parte motore è nostra, possiamo vestire la macchina come vogliamo e questo è un plus».
C’è poi un’altra esperienza che Picasso porta con sé a San Vittore: l’amore per la barca a vela, disciplina in cui si è cimentato come praticante ma anche come designer.
«La barca a vela fa parte di un settore che tratta di fluidodinamica e rapporti con aria e acqua, elementi che sono similari a quelli di una supercar di questo livello, dove intervengono tanto l’aerodinamica, quanto pesi, forze e meccanica. Una barca a vela è molto complessa, ha forze in gioco sui telai e alberi e più è leggera più è performante, proprio come una macchina. Non è uguale ma può essere una buona fonte di ispirazione e per me lo è stato. Ho costruito per esempio una macchina che al posto delle staffe ha delle carene, o dovrei dire carrozzerie, che sono state applicate al telaio in carbonio e che ricordano il metodo costruttivo di una barca».
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