MIDEC
Ceramica, alla scoperta di una collezione privata

Una mostra importante, quella che si apre domani, sabato 15 luglio, al MIDeC, Museo internazionale design ceramico di Laveno Mombello, che presenta 100 opere di ceramica provenienti da una collezione privata lavenese tutte ideate dall’architetto e designer Gio Ponti, nel 1923 nominato direttore artistico della più prestigiosa azienda di porcellane d’Italia, la Richard-Ginori.
LA MOSTRA
“100% Un centenario e cento pezzi” è il titolo della mostra, curata da Anty Pansera e Giacinta Cavagna di Gualdana con l’allestimento dello scenografo Ivo Tomasi per celebrare l’anniversario di un periodo storico particolarmente fecondo per la ceramica italiana e ripercorrere uno dei sodalizi artistici più riusciti del design italiano.
LA STORIA
Nei primi decenni del Novecento Richard-Ginori, con alle spalle due secoli di storia, necessitava di innovazioni sia formali che linguistiche, per rimanere al passo con un mercato esigente e in continua crescita. Fondamentale si rivelò l’apporto di Ponti, che accolse la sfida di connettere arte e design, artigianato e industria, qualità manuale e lavorazione industriale. Grazie a un carteggio conservato nell’archivio della Manifattura di Doccia, pubblicato alcuni anni fa, sappiamo che nel decennio di direzione artistica della Richard-Ginori, Ponti lavorava tantissimo, giorno e notte, affiancando il disegno o lo schizzo originale all’oggetto poi effettivamente realizzato a Doccia. Una passione, quella per il disegno e per la pittura, che lo aveva portato a definirsi «un architetto fallito e un pittore mancato». Il successo di Ponti fu immediato, tanto che già nel 1923 espose alla prima Mostra Biennale delle arti decorative Internazionali di Monza una serie di pezzi dalla raffinata varietà di forme e dai motivi nuovi e inediti.
IL PERCORSO
Il percorso della mostra inizia proprio con alcuni pezzi presentati a Monza, a celebrare questo centenario, per poi proseguire con altre opere accostate e declinate per forme, tematiche, colori: tra i lavori prodotti in quegli anni, una curiosa bomboniera dal titolo “Omaggio agli snob”, ironico messaggio di Ponti al mondo culturale elitario: due figure in abiti della tradizione popolare danzano intrecciate, esempio della vena più fantasiosa dell’artista, svincolata dalla classicità che pervade invece altre sue opere. Come la serie “Le mie donne” (in mostra il piatto da parata “Donatella” e la ciotola ovale “Emerenziana”), un tema di evocazione rinascimentale adattato al gusto contemporaneo con un’esplicita intonazione ironica nelle diverse figure femminili, ciascuna con tratti somatici distintivi e un nome inusuale e arcaico, sospese su nubi, spesso in volo su città ideali ispirate ai trattati e alle architetture di Sebastiano Serlio e Andrea Palladio.
IL TEMA DELLA SOCIETÀ
La mostra suggerisce interessanti connessioni con la storia della Società Ceramica Italiana di Laveno, che nel 1965 si fuse con la Richard-Ginori. Nel 1923, mentre Ponti dirigeva la Richard-Ginori, la Società varesina chiamò come consulente artistico – su suggerimento di Piero Portaluppi –il giovane architetto Guido Andloviz, capace di guardare e confrontarsi con le idee di Ponti, fino a creare una sorta di rivalità professionale ricca di frutti e conseguenze per il design italiano. A corollario di questa mostra, un progetto espositivo che unisce la storia alla contemporaneità: “Una fiaba in ceramica e vetro: i dialoghi di Margherita” (Grasselli) e “Pinocchio” (Massimo Lunardon), ha l’obiettivo di far riflettere sull’attualità del vetro e sul rapporto con la ceramica, grazie al lavoro congiunto di Massimo Lunardon, maestro del vetro, e Margherita Grasselli, scultrice ceramista, abili nel fare dialogare i due materiali creando storie in cui i protagonisti sono “Pinocchio” e “Margherita”, la “Farfalla” e la “Balena”.
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