BASKET
Io sono Luis e voi non siete un ca...
Scola come il marchese del Grillo: è il “monarca” di Varese
Ogni volta è una rivoluzione, voluta od obbligata poco importa, alla ricerca di quelle certezze sfumate nella stagione precedente, d’una competitività perlomeno onorevole ancorché imparagonabile a quella di una storia gloriosa, sepolta nella notte dei tempi. Azzerate le ambizioni che s’addicono ai club potenti, restano le speranze di imbatterci in una squadra capace di reggere con dignità ai tanti e ardui confronti da battaglia. Non ce lo nascondiamo, gli interrogativi pullulano tremendi tra le aspettative di una “nuova” Openjobmetis, tutta da scoprire nei suoi effettivi valori, peraltro senza indicazioni congrue di un suo rendimento potenziale che, solitamente, prefigura un precampionato fitto di appuntamenti probanti.
IL PERNO MANNION
Diventa così azzardata una valutazione, seppur a spanne, di questa formazione alla guida di Herman Mandole, argentino come Luis Scola di cui è fedele scudiero per cultura cestistica cui si ispira il gioco, affidato a interpreti per lo più nuovi ma, evidentemente, con le caratteristiche ad uso e consumo del collettivo. Che ruota attorno a Mannion, fuoriclasse imperiale, come gli si riconosce in busta paga quale lusso per le possibilità finanziarie relative a un monte ingaggi contenuto, quindi sacrificabile in altre scelte per dire di un reparto lunghi non proprio attrezzatissimo se diamo retta ai primi giudizi ancorché preventivi. Il timore di un organico squilibrato nei suoi valori esiste nonostante le istruzioni della scorsa stagione pur con uno Spencer non malaccio. Certa, invece, è l’attrazione fatale per Mannion di cui la folla di Masnago va pazza, gratificata pure dal suo manifesto piacere nell’indossare una canotta tanto cara ai tifosi e a sé potendo esprimersi come vuole e in libertà, senza alcun assillo d’errore. Mannion piace e si compiace, diverte e si diverte da leader trascinante qual è della squadra, a volte al suo servizio, da dipendente a tempo determinato. In campo si va per vincere ma se si perde tra folate spettacolari ed emozionanti scrosciano ugualmente gli applausi di una tifoseria realista e generosa.
LA FILOSOFIA
La filosofia della Pall. Varese è nota: leggerezza mentale e tiro disinvolto, corsa vertiginosa e audacia nella speranza di un intento appagabile d’avventura, sostenibile da elementi che posseggono loro valori come ne promettono un gagliardo fromboliere qual è Hands, l’atteso Brown e compagni, fors’anche contati ma attendibili. Come, peraltro, erano McDermott e soci, fuoriusciti dopo una sola stagione nonostante dichiarazioni d’amore. Già, qui vengono e se ne vanno e nemmeno tornano, l’elenco è noto: solo questione di denari?
MONARCA ASSOLUTO
Non casca foglia che Scola non voglia quale monarca assoluto dal quale sarebbe auspicabile un po’ più di riguardo per le componenti varesine a cominciare dai tifosi cui è negata la vicinanza quotidiana con la squadra da ingrate porte chiuse. Per il suo modo di gestire, almeno, in apparenza, viene in mente il marchese del Grillo: «io sò io e voi non siete un ca…».
Certo è che bisogna essergli grati per il suo impegno da “salvatore della patria” (peraltro non sua) nell’assicurare importanti risorse finanziarie, necessarie ai fini della continuità di Varese nel grande basket. Quale sarà l’esito di questa stagione? Coach Mandole s’è già fatto notare per i suoi reboanti proclami evocando una difesa aggressiva ai massimi storici e inneggiando alla conquista dei play off: resta da capire se sia realistica la propria attribuzione competitiva o se il tecnico l’abbia sparata grossa per “scaldare” le attese. Dimora di lusso, squadra poverella, non sia giammai. Un patrimonio grandioso resta la tifoseria il cui attaccamento vale come una cambiale in bianco nell’amare la squadra senza richieste, pretese né pressioni, dibattendo poi, appassionatamente, davanti a una pizza. E se si vince, è meglio.
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