LA MOSTRA
Trent’anni di Shirin Neshat al PAC
L’artista iraniana si presenta a Milano con “Body of evidence” fino all’8 giugno

In seguito della rivoluzione Komeinista del 1974 Shirin Neshat fu costretta a lasciare l’Iran per proseguire gli studi a New York. L’artista iraniana si presenta al PAC forte di un prestigioso palmares che l’ha vista vincere il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia nel 1999, il Leone d’Argento per la Miglior Regia al Film Festival di Venezia nel 2009 e il Preamium Imperiale a Tokyo nel 2017. Il percorso espositivo di Body of Evidence a cura di Diego Sileo e Beatrice Benedetti, definisce le cadenze di una ricerca che procede da oltre trent’anni dove la fisicità del corpo diviene modulo interattivo di una ricerca rivolta alla politica, alla religione, alle leggi razziali che regolano da secoli i rapporti tra oriente e occidente. Artista multidisciplinare Neshat ha attraversato modi espressivi come la fotografia, il cinema, il video, e il teatro. Alcune sue opere sono entrate a far parte delle più prestigiose collezioni museali del mondo come il Whitney Museum, il MOMA, il Guggenheim di New York e la Tate Modern. Neshat offre il proprio volto dalla parola scritta, ma anche all’estremità di un fucile ponendo una duplicità di quesito su quale sia il confine tra difesa e offesa. Il visitatore viene a trovarsi tra due schermi, in una terra di mezzo, teso a sostenere un serrato confronto con le immagini di Forever opera che appartiene alla prima trilogia sulle dinamiche che regolano i rapporti tra uomini e donnei. Altra opera conseguenziale risulta essere Land of Dreams, composta da 111 ritratti in un contenuto narrativo che mette a confronto le dicotomie che da secoli percorrono oriente e occidente. Nel parterre si snoda l’installazione The Book of Kingsconcepita contemporaneamente alla nascita del Green Moviment iraniano. La continua successione dei versi poetici presente in Woman of Allah percorre l’intera balconata del PAC in un continuo dialogo tra differenti visioni politiche e ideologiche. Il percorso trova compimento in due video Soliloquy e Passage che vedono, in entrambe le situazioni, l’artista protagonista assoluta in difficile equilibrio tra realtà rurale e contesti metropolitani.
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