LA CORTE D’APPELLO
Delitto Macchi, Binda risarcito con trecentomila euro. Le sue parole (VIDEO)
Accolta l’istanza per ingiusta detenzione dopo l’assoluzione definitiva
La quinta Corte d’'Appello di Milano ha accolto l’istanza di riparazione per ingiusta detenzione e ha liquidato oltre 303mila euro a Stefano Binda, il 55enne di Brebbia assolto nel gennaio 2021 in via definitiva dall’accusa di avere ucciso la studentessa Lidia Macchi. L’uomo è stato in carcere tre anni e mezzo, tra il 2016 e il 2019, e lo scorso maggio, e in aula, aveva chiesto un "indennizzo" per ingiusta detenzione.
L’ASSOLUZIONE
Nel gennaio dell’anno scorso Stefano Binda era stato assolto definitivamente dall’accusa di aver ucciso Lidia Macchi, la giovane studentessa uccisa con 29 coltellate nel gennaio 1987 e ritrovata morta in un bosco a Cittiglio, un caso rimasto irrisolto da allora. In primo grado Binda era stato condannato all’ergastolo, e poi prosciolto in appello dalla Corte di Assise di appello di Milano.
L’inchiesta, avocata dalla Procura generale di Milano, il 15 gennaio del 2016 aveva portato in cella Binda. L’uomo venne scarcerato il 24 luglio 2019, in seguito all’assoluzione in secondo grado poi confermata dalla Cassazione.
INGIUSTA DETENZIONE
Oggi, mercoledì 12 ottobre, la quinta Corte d’Appello, come è stato comunicato con una nota, ha depositato l’ordinanza riconoscendo l’ingiusta detenzione e liquidando immediatamente 303.277,38 euro a titolo di indennizzo.
SODDISFATTO L’AVVOCATO
«Quello che abbiamo chiesto ci è stato riconosciuto. È il giusto compimento di una vicenda che si poteva chiudere molto molto tempo prima. Diciamolo pure, sin dall’inizio». L’avvocato Sergio Martelli, uno dei due difensori assieme alla collega Patrizia Esposito, ha accolto con soddisfatta pacatezza la notizia che i giudici della quinta Corte d’Appello di Milano hanno detto sìal loro ricorso e hanno concesso l’indennizzo per i 1.286 giorni di ingiusta detenzione patiti da Binda.
L’ammontare del risarcimento concesso è di 303.277 euro. Lo stesso richiesto dalla difesa per i danni morali e familiari subiti da Binda è ricavato moltiplicando 235,87 euro per i giorni di carcerazione preventiva indebita scontati da Binda tra i Miogni, San Vittore e Busto Arsizio.
COSÌ BINDA A PREALPINA
«Se sono qui non è semplicemente perché sono innocente e non sono stato io a fare una mostruosità come l’omicidio, ma perché lo Stato con me si è sbagliato e mi ha provocato un danno. Credo che sia stato giusto approfondire quanto accaduto con i processi, ma si poteva fare tutto senza mettermi in carcere», aveva dichiarato Stefano Binda a Prealpina il 24 maggio scorso quando fu discussa la richiesta di risarcimento davanti ai giudici milanesi a pochi metri di distanza dall’aula della Corte d’Assise d’Appello che nel luglio del 2019 lo ha assolto con formula piena, disponendo l’immediata scarcerazione.
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