IN TRIBUNALE
«Vi aiuto io». E il carabiniere fece sparire i soldi
Nuovo processo per truffa al militare già sospeso dal servizio
Il carabiniere si offrì di aiutare quella coppia di Porto Ceresio a risolvere i problemi con i loro vicini di casa e si fece consegnare circa diecimila euro che sarebbero dovuti servire a installare microspie sull’auto dei “rivali” e a pagare un avvocato e un investigatore privato. Soldi in realtà finiti nelle tasche del militare, che per questo motivo ora si trova sotto processo in Tribunale a Varese con l’accusa di truffa.
E non è l’unico procedimento penale a carico del 43enne, all’epoca residente a Malnate ma in servizio al Comando provinciale, subito sospeso dall’Arma e nel frattempo trasferitosi nella natia Campania. L’uomo fu infatti denunciato per lo stesso reato (il relativo processo si concluderà a novembre) da una donna con problemi psichici conosciuta in una casa di cura e con la quale aveva iniziato una relazione sentimentale; grazie alle «lusinghe amorose», si era fatto prestare da lei 18.000 euro, restituendone solo tremila. Soldi che, nel 2022, lui si era fatto consegnare in contanti, bonifici o ricariche di carte prepagate. Gli stessi metodi di pagamento usati, un anno prima, dalla coppia che (assistita dall’avvocato Alberto Caleffi) si è costituita parte civile nel processo apertosi ieri davanti al giudice Chiara Pannone.
LA VICENDA
Coppia che si era fidata di lui dopo averlo conosciuto in caserma a Varese. I coniugi avevano infatti questioni di vicinato con un altro carabiniere e quindi si rivolsero ai suoi superiori. In via Saffi conobbero il 43enne che pochi giorni dopo li contattò. «Fu lui a telefonarci - ha raccontato in aula la vittima - Ci disse “Mi sembrate delle brave persone, vi aiuto io a risolvere il problema con il mio collega”. E visto che indossava una divisa, abbiamo accettato l’offerta». A quel punto iniziarono le richieste di denaro, motivate con la necessità di ingaggiare un legale e un investigatore privato, ma anche di fare intercettazioni ambientali sulla vettura dei vicini. Indagini che, a suo dire, avrebbero portato ai risultati sperati, tanto che la Procura avrebbe disposto un risarcimento di 22.500 euro a loro favore, come attestato anche da una falsa ricevuta di versamento inviata alla coppia. Non contento, il militare avrebbe chiesto altri duemila euro con il pretesto di doversi sottoporre a un intervento chirurgico, ma il bonifico non andò a buon fine. «Mi parlò di un tumore», ha detto la persona offesa. Che ha anche ammesso che, nel frattempo, l’imputato (difeso d’ufficio dall’avvocato Sabrina Demartis) ha restituito la metà della somma che aveva intascata senza fare nulla di quanto promesso.
L’ALTRA VITTIMA
Non ha invece rivisto neppure un euro la titolare della tabaccheria di Malnate che, fidandosi di quel cliente abituale noto per la sua professione, gli aveva fatto credito: «Mi chiese una ricarica di 700 euro sulla Postepay impegnandosi a saldare il debito, ma non l’ho mai più visto». Per ottenere quei soldi ha chiesto e ottenuto dal giudice un decreto ingiuntivo. «Ma per il pignoramento siamo “in coda”», ha spiegato, annunciando comunque la volontà di rimettere la querela. Ma il processo continua per la presunta truffa alla coppia di Porto Ceresio; prossima udienza ad aprile 2025.
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