PUNTO SULL’ARTE
Varese, quattro sguardi sulla città

Si può conoscere Varese camminando per le sue strade e sotto i portici apprezzati da Stendhal, girando per i parchi, salendo al Sacro Monte o costeggiando il lago. Oppure la si può amare attraverso lo sguardo dei quattro artisti protagonisti della collettiva di Punto Sull’Arte, da anni galleria di riferimento per l’arte figurativa contemporanea italiana e internazionale.
LA MOSTRA
Curata da Alessandra Redaelli la mostra nasce dall’idea di Sofia Macchi, che dal 2011 guida la galleria, di vedere la città attraverso gli sguardi di quattro dei suoi artisti che non abitano a Varese. Sofia li ha invitati a girare, fotografare, studiare la città e restituire attraverso diversi linguaggi la “loro” Varese. Ne è uscito, scrive la curatrice «un canto corale, dove la città ha assunto nuovi colori e nuove voci; a tratti irriconoscibile, a tratti ammiccante, seduttiva più che mai». Nelle sede di Casbeno, che ospita anche un’ampia esposizione permanente, dialogano tra loro lavori diversi e consonanti. I dipinti del francese Jean-Marc Amigues, che nella perfezione tecnica da lontano sembrano polaroid evanescenti, raccontano una città in cui la natura è sostanza fondamentale per compiere l’architettura. Il muro dei Giardini Estensi, con il suo susseguirsi di pietre irregolari, vive nella vibrazione delle foglie, «quasi un brusio interrotto solo a tratti dall’irrompere del cielo e della luce». La Varese di Daniele Cestari, architetto ferrarese convertito alla pittura, risuona nella pennellata veloce, graffiante e carica di luce. Le sue vedute urbane sono ampie e sottolineano i contrasti tra antico e moderno, passato e presente. Suggestivi i lavori in cui unisce alla pittura pagine di quaderno, frammenti di almanacchi e pensieri che si stratificano - storie nelle storie - alla vita dei luoghi dipinti.
L’ARTISTA POLACCA
Unisce il ricordo delle città metafisiche di De Chirico e il rigore formale di Mondrian la Varese dell’artista polacca Marta Mezynska, affascinata dalle facciate, colte nella loro regolare frontalità, appiattite in una prospettiva semplificata e quasi arcaica. Casa del Mutilato di Ottavio Coletti o Palazzo delle Poste di Angiolo Mazzoni si animano nei colori traslucidi e nel ritmo geometrico, poesia ordinata in quadrati perfetti, capace di ipnotizzare anche l’osservatore più distratto. Come geometrici sono i frammenti in cui l’artista catalano Tomàs Sunyol scompone il Sacro Monte, piazza San Lorenzo o vicolo Canonichetta. Colpi di materia pastosa e ruvida che vibrano nei colori luminosi della terra dell’artista, il blu profondo del mare e il giallo del sole, le sfumature di rosso e arancio dei frutti maturi e dei fiori. Una frammentazione che l’artista cerca di «ricostruire sulla tela per mettere tutto in armonia» e che, come scrive la curatrice, non ha bisogno di spiegazioni, arriva dritta al cuore. Un percorso di grande suggestione, che ha il merito di offrire la possibilità di uno sguardo diverso: varcata la soglia del palazzo di viale Sant’Antonio, Varese non sembra più la stessa.
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